La casa trans-portatile

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Per comprendere appieno il fenomeno rappresentato dallo smartphone, sarebbe auspicabile considerarlo meno come un dispositivo e più come un luogo in cui viviamo. Se la persona seduta accanto a noi al ristorante ci sta ignorando è perché in realtà non è : è tornata nella sua casa trans-portatile in cui è impegnata a chattare con altre persone, a organizzare la sua vita o a fare shopping. Sentiamo spesso dire che i cellulari – connettendoci in un istante con persone che si trovano dall’altra parte del mondo – hanno rappresentato la morte della distanza, ma gli smartphone stanno segnando oggi anche la morte della prossimità, dal momento che la persona accanto a noi può essere intenta a chiacchierare con qualcuno dall’altra parte del mondo, invece che con noi.

Nel mondo, le persone utilizzano metafore domestiche per parlare del modo in cui si prendono cura dei loro telefoni. In Cina, l’espressione duan-she-li è utilizzata sia per indicare il processo di riordinare la propria casa, che il proprio cellulare, mentre in Camerun si può dire faire le menage (pulire) quando si cancellano i contatti inutilizzati dalla rubrica del telefono. Come una casa tradizionale, lo smartphone può essere diviso in zone in base all’attività che vi si pratica: intrattenimento, compiti, organizzazione vacanze, e così via.

Piuttosto che guardare fuori da una finestra, lo smartphone può fungere da portale di accesso diretto nella casa-smartphone di un altro. A differenza di una casa di mattoni, è del tutto mobile, quindi l’utente è sempre ‘a casa’ nel suo smartphone. L’idea dello smartphone come casa trans-portatile può essere particolarmente importante per i giovani che non possono permettersi una casa propria, o per i migranti nei nostri campi di ricerca di Milano e Santiago, che hanno più case alle quali sono ugualmente legati.

Nelle vignette che seguono, basate sull’etnografia condotta da Shireen Walton, conosciamo Heba, una donna dai numerosi impegni che cresce i suoi due figli adolescenti a Milano. È in contatto con l’Egitto, dove è nata e cresciuta, attraverso lo smartphone. Le illustrazioni ci mostrano quanto sia importante per lei, da migrante, poter vivere senza soluzione di continuità tanto nel suo smartphone, quanto nel suo appartamento di Milano: nella sua casa-smartphone, non ha bisogno di distinguere tra la sua famiglia a Milano e quella in Egitto.

Includiamo di seguito un video in cui viene discusso il concetto in generale, e un altro che spiega come l’esperienza della casa trans-portatile vari da un campo di ricerca all’altro. In questo caso, l’illustrazione riguarda il Giappone.

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